A tu per tu con Antognoni (il Bell’Antonio)

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Giancarlo Antognoni è nato a Marsciano (Perugia) il 1 aprile 1954. Ex calciatore. Tutta la carriera professionistica italiana nella Fiorentina (iniziò in D con l’ Astimacobi, finì in Svizzera col Losanna). Con la Nazionale (73 presenze, 7 reti) vinse il campionato del mondo del 1982. 11° nella classifica del Pallone d’Oro 1982 (21° nell’81, 26° nel 1977, 27° nell’80). Adesso collaboratore delle nostre nazionali giovanili. «Ogni volta che incontravo l’avvocato Agnelli mi ripeteva sempre la stessa cosa: caro Antognoni, avrei sempre voluto prenderla, ma lei s’è sempre rifiutato».
• Ragazzino, giocava nella Juventina Perugia («campo a Prepo senza erba. Ruolo? Non lo sapevo»). Il Torino lo prese insieme a un certo Bottausci, prendi due paghi uno (quello buono pensavano fosse l’altro). Fu parcheggiato all’ Astimacobi («nebbia, un albergo anonimo, la scuola dai preti, malinconie»). Quando gli chiesero di andare a Torino rifiutò, preferendo la Fiorentina. Nemici: «Nessuno. Penso sempre alla buona fede. In Nazionale, all’inizio, Causio mi portava via il pallone, poi siamo diventati amici. I miei avversari erano i mediani di una volta: Oriali, Furino, Tardelli».
«Testa alta, vabbè. Preciso, ma a volte se ne può fare a meno. Lento. Coi suoi tempi c’è sempre stato qualche problema: quelli che gli stavano attorno si facevano prendere sempre dalla fregola. Non è che il calcio italiano abbia mai capito fino in fondo Antognoni: regista avanzato o mezzapunta, schiacciato tra la fine di Rivera e l’inizio di Roberto Baggio»
È il giocatore con più presenze in Nazionale tra quelli che non hanno mai vinto uno scudetto (ci sarebbe Fabio Cannavaro, che però vinse con la Juve i due titoli poi cancellati causa Moggiopoli): «La Fiorentina di Pontello non era male. Con Pecci e Graziani, con Massaro, con Daniel Bertoni. Purtroppo commettemmo l’errore di arrivare allo sprint con la Juve. Noi a Cagliari, loro a Catanzaro. Noi un gol valido annullato a Graziani, loro un rigore trasformato da Brady. Quella Fiorentina meritava di vincere almeno un titolo. Però non ho rimpianti. Firenze è casa mia. Una parte della mia vita. E l’amore dei fiorentini vale più di uno scudetto».
«Nell’80 andai io a Roma dal presidente Viola. Invitò a cena me e mia moglie, mi avrebbe dato piazza di Spagna. Allenatore della Roma era Liedholm: voleva Antognoni e Baresi. Solo Antognoni e Baresi. Alla fine decisi di rimanere alla Fiorentina»
Carriera con molti gravi infortuni: «Lo scontro con Silvano Martina è stato il più grave, ma mi fa male ancora quello che mi fece saltare la finale del Mondiale. Colpa del gol, regolare, che mi annullarono contro il Brasile. Volevo segnare a tutti i costi e andai allo scontro col polacco Matysik. Errore». Regista di centrocampo, eccellente nel calciare le punizioni e talento precoce, Giancarlo Antognoni a 17 anni era titolare in Serie D nell’Asti Ma.Co.Bi. come detto, a 18 lo diventava nella Fiorentina in Serie A e a 20 approdava in nazionale. Nella sua carriera da calciatore, conclusa nel 1989, si è tolto svariate soddisfazioni affermandosi come uno dei migliori centrocampisti degli anni ’70 e ’80. Non sono mancati anche i passaggi a vuoto, dovuti soprattutto alla sfortuna. Al contrario di quanto pensano alcuni appassionati di calcio, Giancarlo Antognoni non è di Firenze né è toscano. E’ nato il 1° aprile 1954 a Marsciano, paese umbro di 20 mila abitanti in provincia di Perugia che ha dato i natali anche a Walter Sabatini, e si è formato calcisticamente in Piemonte, nell’Asti Ma.Co.Bi.. Nella formazione piemontese, in Serie D, ha giocato le prime partite a 16 anni, nel 1970-71. Giancarlo Antognoni sfiorò il Torino, con cui giocò un’amichevole nel 1971-72, quando l’allenatore granata era Gustavo Giagnoni. Da bambino il suo idolo era Gianni Rivera: «A Perugia mio papà gestiva un bar che era anche la sede di un Milan Club – le sue parole al Corriere della Sera nel febbraio 2011 – avevo 9 anni e la prima partita di serie A che ho visto è stata un Bologna Milan. Vinsero i rossoneri per 2-1. Da ragazzino sognavo di giocare nel Milan». Nel 1972, a 18 anni, passai alla Fiorentina per la consistente cifra di 435 milioni i lire. Nella Fiorentina gioca per 15 anni, fino al 1987, quando comprende che lo spazio per lui è sempre meno e così preferisce andarsene in Svizzera, per giocare ancora un paio di stagioni senza grandi stress. Lascia il 17 giugno 1987 senza rancore: «La Fiorentina si è sempre comportata nei miei confronti con molta attenzione e sensibilità», spiega Antognoni nel giorno dell’addio. In maglia viola vinse soltanto una Coppa Italia e una Coppa di Lega Italo-Inglese nel 1975. «Non rimpiango niente – racconta nell’aprile 2009 al Nuovo Corriere di Firenze – certo, qualche vittoria mi è mancata, ma l’amore di Firenze è valso più di uno scudetto».
I suoi allenatori nella Fiorentina sono Nils Liedholm, Gigi Radice, Nereo Rocco, Mario Mazzoni, Carlo Mazzone, Beppe Chiappella, Paolo Carosi, Giancarlo De Sisti, Ferruccio Valcareggi, Aldo Agroppi ed Eugenio Bersellini. Lascia Firenze con l’arrivo di Sven Goran Eriksson. È tuttora primatista di presenze in Serie A (341) e in gare ufficiali (429) con la Viola. È stato capitano del club toscano per 11 anni. Il 22 novembre 1981 si fratturò la testa in uno scontro di gioco con il portiere del Genoa, Silvano Martina (oggi agente di Gigi Buffon), lanciato in uscita disperata. Il cuore di Antognoni si ferma per una trentina di secondi, ma il giocatore ha salva la vita grazie al pronto massaggio cardiaco del dottor Pierluigi Gatto del Genoa e alla respirazione bocca a bocca del massaggiatore viola Ennio “Pallino” Raveggi. Operato alla tempia, il capitano della Fiorentina torna in campo dopo quattro mesi. In nazionale debutta nel 1974, a 20 anni, voluto dal ct Fulvio Bernardini. In totale conta 73 presenze e 7 gol in azzurro. Vince il titolo mondiale 1982 da titolare in Spagna e disputa anche i Mondiali del 1978 e gli Europei 1980. Gioca l’ultima gara in nazionale il 16 novembre 1983, contro la Cecoslovacchia. Ha indossato quattro volte la fascia di capitano azzurra, nel 1977, nel 1978 e nel 1981 (due volte). La sfortuna si è spesso accanita su Antognoni. Nel 1978 disputa i Mondiali in Argentina non potendo dare il meglio a causa di una fastidiosa infiammazione a un piede. Nel 1982, in Spagna, vince il titolo iridato ma è costretto a saltare la finalissima per un infortunio, nuovamente a un piede, rimediato in semifinale, contro la Polonia.
Il 12 febbraio 1984 riporta un’impressionante frattura esposta di tibia e perone in uno scontro col sampdoriano Luca Pellegrini. Rimane fermo per quasi due anni, tra ritardi e contrattempi vari. Il 7 maggio 1986 è vittima di una lesione del legamento collaterale del ginocchio destro in una partita di Coppa Italia contro l’Empoli. Torna in campo dopo 7 mesi, a dicembre.
La sera del 1° novembre 2004, a 50 anni, viene colpito da attacco cardiaco dopo una partita tra vecchie glorie a Nyon, in Svizzera. Ricoverato in una clinica di Losanna, si riprende nel giro di pochi giorni.
Nel corso della sua carriera Antognoni per due volte è stato vicino all’addio alla Fiorentina. Lo ha raccontato lui stesso, in più di un’occasione: «Nel 1978, dopo il Mondiale in Argentina, fui chiamato dal presidente Melloni– le parole di Antognoni dell’11 febbraio 2011 – mi disse che mi voleva la Juve. Però non se ne fece niente per paura della reazione dei tifosi. Nell’80 andai io a Roma dal presidente Viola. Invitò a cena me e mia moglie, mi avrebbe dato piazza di Spagna. Allenatore della Roma era Liedholm: voleva Antognoni e Baresi. Solo Antognoni e Baresi. Alla fine decisi di rimanere». Nel 1987 lascia davvero la Fiorentina per andare a giocare nel Losanna, nel campionato svizzero, per due stagioni. A 33 anni, reduce da tanti infortuni, preferisce divertirsi senza troppo stress. Torna alla Fiorentina, come dirigente, dal 1990 al 2001 facendo osservatore, team manager e direttore generale. Dopo 16 anni di assenza il nuovo rientro a casa, annunciato a Capodanno 2017. Mantiene l’incarico fino al 16 luglio 2021, quando lascia la squadra viola a causa di sopravvenuti dissidi con la dirigenza.