Calcio giovanile. Modello Germany : scuola e pallone 

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La famiglia nello Sport è importante. Così come la scuola. « La maggior parte di questi calciatori non diventerà professionista –  spiega il direttore sportivo dei team junior del Bayern – quindi abbiamo una grande responsabilità. Dobbiamo garantire a tutti una istruzione, l’unico modo per avere un futuro sicuro». Il Bayern ha una convenzione con il Theodolinden-Gymnasium, una delle 30 Eliteschulen des Fussballs, le scuole per calciatori-studenti create in ogni regione, nel 2006, con un accordo tra Dfb, club e ministeri dell’Istruzione dei Länder. «In questi istituti i ragazzi  hanno orari flessibili – prosegue – Due volte alla settimana, dalle 9.20 alle 10.30, possono venire qui per gli esercizi di tecnica. Facciamo anche tattica per ogni reparto. Poi tornano in classe e nel tardo pomeriggio si ripresentano per l’allenamento. Il 70 per cento degli elementi delle nostre giovanili – dall’U11 fino all’U19 – frequenta queste scuole». In uno dei sei campi a disposizione si stanno allenando con l’Under19 vari 18enni che sono delle future speranze in maglia rossa e presto potrebbero passare al Bayern II, la seconda squadra che gioca nella Regionalliga, la nostra Lega pro seconda divisione. In attesa di fare il grande salto, si diplomano. Questa l’esperienza di una ex matricola  «Sono arrivato al Bayern a 11 anni – racconta – Ogni giorno mi svegliavo alle sei e mezza per andare a scuola e tornavo a casa alle otto. Studiavo, guardavo la televisione e poi a letto. Ma non è mai stato un sacrificio, perché sapevo quali erano gli obiettivi». Ora, con il diploma in tasca posso continuare ad inseguire il sogno del professionismo, un sogno condiviso con gli altri circa 6000 baby-calciatori dei vivai di Bundesliga. Solo i più forti ce la faranno, ma c’è bisogno del grande salto
Al Bayern non è semplice farsi dire qualche nome su cui puntare poichè è difficile sbilanciarsi . Pochissimi arrivano qui e fanno la cosa giusta fin dall’inizio. La maggior parte emerge all’improvviso grazie alla voglia di migliorarsi. Si deve avere la pazienza di coltivare soprattutto questi giocatori. In squadre più piccole e meno ricche del Bayern, l’inserimento delle promesse in Bundesliga è rapido. A Monaco – ovviamente – la concorrenza è la più alta, ma c’è almeno più un giocatore che si sta facendo strada verso l’Allianz Arena.Un’affermazione sintetizza bene il nuovo corso tedesco: in Germania non si allevano bamboccioni.
«Nei centri di formazione l’integrazione funziona», spiega il professor Sascha Schmidt. Nel 2010, il docente della Economic Business School di Wiesbaden ha curato una ricerca su questo tema per la Dfl. Lo studio ha coinvolto 1500 16enni dei Leistungszentren e un campione di 2000 coetanei di altre realtà. «I primi – spiega Schmidt – sono molto più aperti e tolleranti». Kern prova a dare una spiegazione: «L’integrazione? È semplice. Su un campo di calcio conta solo la bravura con il pallone. Chi è più forte, viene accettato». Le convocazioni in Nazionale di Özil e compagni non sarebbero mai state possibili con le leggi sulla cittadinanza in vigore fino al 2002. Quell’anno, il governo di Gerhard Schröder introdusse una riforma basata sul principio dello ius soli: da allora i figli degli immigrati nati in Germania acquisiscono la doppia nazionalità.Dal 1998, la Federcalcio turca ad esempio ha aperto un ufficio a Colonia, per visionare e strappare ai tedeschi i figli degli immigrati di Istanbul e dintorni, cercando di convocarli subito in Nazionale. Quali differenze si colgono tra il lavoro svolto con i giovani in Germania rispetto all’Italia?
“Da quello che si e’ potuto notare, l’attivita’ svolta nel Bayern rispetto a quella in italiana si discosta principalmente per due aspetti:
1) si ha più pazienza di aspettare i risultati, intesi come crescita del giovane calciatore in vista della prima squadra ;
 2) le societa’ tedesche hanno tutte una seconda squadra per completare il ciclo formativo prima di effettuare il grande salto nel mondo degli adulti”. Convegno dal tema “La filosofia dell’FC Bayern Monaco” vengono organizzati frequentemente e a tutti gli intervenuti vengono illustrate le linee guida del sodalizio bavarese, una delle società più prestigiose e blasonate d’Europa.
 Il modello del calcio tedesco può ispirare anche l’Italia? Qual’è la ricetta per rilanciare il nostro calcio?
“L’Italia deve cercare di ispirarsi al modello tedesco, che va per la maggiore, integrandolo con il proprio ricco patrimonio di conoscenze e confidando in un implemento delle strutture e degli investimenti a livello dei vivai. Per fare questo servira’ un grande aiuto da parte della Federazione perchè altrimenti non si arrivera’ da nessuna parte. In Germania non è stato solo il Bayern Monaco che ha trovato la formula giusta per puntare sui giovani. E’ stata la Federazione a creare dei centri federali dislocati sul territorio, ad aiutare con fondi importanti le squadre più deboli dandogli la possibilità di investire nei settori giovanili. Cosa ancora più importante, la Federazione si e’ assicurata per il tramite di organismi di controllo  che questi investimenti venissero fatti sul serio”.
La Federazione quindi ha un ruolo centrale ?
“Certamente si. Non solo per quanto riguarda l’investimento economico e la tutela sui giovani ma anche per la patrimonializzazione delle società di calcio. Bisogna dare la possibilità di costruire stadi e infrastrutture che diano valore ad una club. Senza di questo la società è come se non avesse valore e diventa difficile competere ad alti livelli ma anche progettare nel futuro. Sono degli interventi radicali ma che in breve tempo possono rilanciare il nostro calcio portandolo nuovamente al livello che le compete”.