Cosa ci insegna Cengio-Plodio

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Premessa d’obbligo e necessaria a fugare ogni dubbio. Chi scrive, come tutti coloro che fanno parte della redazione sportiva, rinnegano ogni forma di razzismo, pensando sia impossibile che nel 2021 ci siano ancora valutazioni su una razza, un orientamento sessuale o sulla libertà di espressione. Sono, e siamo, per Daspo severissimi per coloro che nell’ambiente sportivo esprimano, magari con la scusante idiota di essere stati presi dal momento, parole offensive o denigratorie verso un elemento della squadra opposta. Ci domandiamo anche perché, per contratto, non possano essere mostrati in televisione coloro che dalla curva insultano, lanciando anche oggetti. Siamo insomma per punizione severissime, compresa se serve quella di giocare più stagioni senza pubblico. Detto questo però, per garantire il massimo della regolarità in ogni torneo, sia professionistico che amatoriale, va anche messa una regola su come comportarsi in campo. Se, come ha osservato Marian Stefan, allenatore del Cengio, ieri un suo giocatore è stato odiosamente apostrofato da un giocatore del Plodio, il compito di accertare l’accaduto è del direttore di gara e dei suoi collaboratori. Solo ed esclusivamente loro hanno il dovere di fermare la partita, non altri. Perché,  con questo sistema, ogni partita potrebbe essere interrotta, in quanto gli idioti non scelgono un campo dove esprimersi. Siamo d’accordo nel dire anche che in certi campi non sia facile prendere una decisione che può poi mettersi a referto. E poi vengano prese decisioni  pesantissime da prendere e non rimandarle come si fa ad esempio con la Lazio dove la sua curva abbonda di saluti romani che nessuno nota mai, se non la comunità ebraica ormai senza voce per i tanti appelli.

email olianno3@libero.it